Donde, se i Romani erano in una provincia, e' se ne andava nell'altra, e così sempre, donde i Romani partivano esso entrava. E veggendo, alla fine, come nello allungare la guerra per questa via, le sue condizioni peggioravano, e che i suoi suggetti ora da lui ora dai nimici erano oppressi, deliberò di tentare la fortuna della zuffa; e così venne con i Romani ad una giornata giusta. È utile adunque non combattere, quando gli eserciti hanno queste condizioni che aveva lo esercito di Fabio, e che ora ha quello di Gneo Sulpizio, cioè avere uno esercito sì buono, che il nimico non ardisca venirti a trovare drento alle fortezze tue; e che il nimico sia in casa tua sanza avere preso molto piè, dove e' patisca necessità del vivere. Ed è in questo caso il partito utile, per le ragioni che dice Tito Livio: «nolens se fortunae committere adversus hostem, quem tempus deteriorem in dies, et locus alienus, faceret». Ma in ogni altro termine non si può fuggire giornata, se non con tuo disonore e pericolo. Perché fuggirsi, come fece Filippo, è come essere rotto; e con più vergogna, quanto meno si è fatto pruova della tua virtù. E se a lui riuscì salvarsi, non riuscirebbe ad uno altro che non fussi aiutato dal paese come egli. Che Annibale non fussi maestro di guerra, alcuno mai non lo dirà ed essendo allo incontro di Scipione in Affrica, s'egli avessi veduto vantaggio in allungare la guerra, ei lo arebbe fatto; e per avventura, sendo lui buono capitano, ed avendo buono esercito, lo arebbe potuto fare, come fece Fabio in Italia: ma non lo avendo fatto, si debbe credere che qualche cagione importante lo movessi.
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