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Se a reggere una moltitudine
è più necessario l'ossequio che la pena.
Era la Republica romana sollevata per le inimicizie de' nobili e de' plebei: nondimeno, soprastando loro la guerra, mandarono fuori con gli eserciti Quinzio ed Appio Claudio. Appio, per essere crudele e rozzo nel comandare, fu male ubidito da' suoi, tanto che quasi rotto si fuggì della sua provincia; Quinzio, per essere benigno e di umano ingegno ebbe i suoi soldati ubbidienti, e riportonne la vittoria. Donde e' pare che e' sia meglio, a governare una moltitudine, essere umano che superbo, pietoso che crudele. Nondimeno, Cornelio Tacito, al quale molti altri scrittori acconsentano in una sua sentenza conchiude il contrario, quando ait: «In multitudine regenda plus poena quam obsequium valet». E considerando come si possa salvare l'una e l'altra di queste opinioni dico: o che tu hai a reggere uomini che ti sono per l'ordinario compagni, o uomini che ti sono sempre suggetti. Quando ti sono compagni, non si può interamente usare la pena, né quella severità di che ragiona Cornelio; e perché la plebe romana aveva in Roma equale imperio con la Nobilità, non poteva uno, che ne diventava principe a tempo, con crudeltà e rozzezza maneggiarla. E molte volte si vide che migliore frutto fecero i capitani romani che si facevano amare dagli eserciti, e che con ossequio gli maneggiavano, che quegli che si facevano istraordinariamente temere; se già e' non erano accompagnati da una eccessiva virtù, come fu Manlio Torquato.
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