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      E pensando donde questa cosa possa nascere, ci si vede dentro più ragioni. La prima è, che gli uomini sono desiderosi di cose nuove; in tanto che così disiderano il più delle volte novità quegli che stanno bene, come quegli che stanno male: perché, come altra volta si disse, ed è il vero, gli uomini si stuccono nel bene, e nel male si affliggano. Fa, adunque, questo desiderio aprire le porte a ciascuno che in una provincia si fa capo d'una innovazione; e s'egli è forestiero, gli corrono dietro; s'egli è provinciale, gli sono intorno, augumentanlo e favorisconlo: talmenteché, in qualunque modo elli proceda, gli riesce il fare progressi grandi in quegli luoghi. Oltre a questo, gli uomini sono spinti da due cose principali; o dallo amore, o dal timore: talché, così gli comanda chi si fa amare, come lui che si fa temere; anzi, il più delle volte è più seguito e più ubbidito chi si fa temere che chi si fa amare.
      Importa, pertanto, poco ad uno capitano, per qualunque di queste vie e' si cammini, pure che sia uomo virtuoso, e che quella virtù lo faccia riputato intra gli uomini. Perché, quando la è grande, come la fu in Annibale ed in Scipione, ella cancella tutti quegli errori che si fanno per farsi troppo amare o per farsi troppo temere. Perché dall'uno e dall'altro di questi due modi possono nascere inconvenienti grandi, ed atti a fare rovinare uno principe: perché colui che troppo desidera essere amato, ogni poco che si parte dalla vera via, diventa disprezzabile: quell'altro che desidera troppo di essere temuto, ogni poco ch'egli eccede il modo, diventa odioso.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





Annibale Scipione