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      E Tito Livio ne adduce di questo odio queste cagioni: la prima, che i danari che si trassono de' beni de' Veienti che si venderono, esso gli applicò al publico, e non gli divise con la preda: l'altra, che nel trionfo ei fece tirare il suo carro trionfale da quattro cavagli bianchi, dove essi dissero che per la superbia e' si era voluto agguagliare al Sole: la terza, che ei fece voto di dare a Apolline la decima parte della preda de' Veienti, la quale, volendo sodisfare al voto, si aveva a trarre delle mani de' soldati che l'avevano di già occupata. Dove si notano bene e facilmente quelle cose che fanno uno principe odioso appresso il popolo; delle quali la principale è privarlo d'uno utile. La quale è cosa d'importanza assai, perché le cose che hanno in sé utilità, quando l'uomo n'è privo, non le dimentica mai, ed ogni minima necessità te ne fa ricordare; e perché le necessità vengono ogni giorno, tu te ne ricordi ogni giorno. L'altra cosa è lo apparire superbo ed enfiato; il che non può essere più odioso a' popoli, e massime a' liberi. E benché da quella superbia e da quel fasto non ne nascesse loro alcuna incommodità, nondimeno hanno in odio chi l'usa: da che uno principe si debbe guardare come da uno scoglio: perché tirarsi odio addosso senza suo profitto, è al tutto partito temerario e poco prudente.
     
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      La prolungazione degl'imperii
      fece serva Roma.
     
     
      Se si considera bene il procedere della Republica romana, si vedrà due cose essere state cagione della risoluzione di quella Republica: l'una furon le contenzioni che nacquono dalla legge agraria; l'altra, la prolungazione degli imperii: le quali cose se fussono state conosciute bene da principio, e fattovi i debiti rimedi, sarebbe stato il vivere libero più lungo, e per avventura più quieto.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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