E fatto che uno si è familiare bene una regione, con facilità comprende poi tutti i paesi nuovi; perché ogni paese ed ogni membro di quelli hanno insieme qualche conformità, in modo che dalla cognizione d'uno facilmente si passa alla cognizione dell'altro. Ma chi non ne ha bene pratico uno, con difficultà, anzi non mai se non con un lungo tempo, può conoscere l'altro. E chi ha questa pratica, in uno voltare d'occhio sa come giace quel piano, come surge quel monte, dove arriva quella valle, e tutte le altre simili cose, di che elli ha per lo addietro fatto una ferma scienza. E che questo sia vero, ce lo mostra Tito Livio con lo esemplo di Publio Decio; il quale, essendo Tribuno de' soldati nello esercito che Cornelio consolo conduceva contro ai Sanniti, ed essendosi il Consolo ridotto in una valle, dove lo esercito de' Romani poteva dai Sanniti essere rinchiuso, e vedendosi in tanto pericolo, disse al Consolo: «Vides tu, Aule Corneli, cacumen illud supra hostem? arx illa est spei salutisque nostrae, si eam (quoniam caeci reliquere Samnites) impigre capimus». Ed innanzi a queste parole, dette da Decio, Tito Livio dice: «Publius Decius tribunus militum, conspicit unum editum in saltu collem, imminentem hostium castris aditu arduum impedito agmini, expeditis haud difficilem». Donde, essendo stato mandato sopra esso dal Consolo con tremila soldati, ed avendo salvo lo esercito romano e disegnando, venente la notte, di partirsi, e salvare ancora sé ed i suoi soldati, gli fa dire queste parole: «Ite mecum, ut, dum lucis aliquid superest, quibus locis hostes praesidia ponant, qua pateat hinc exitus, exploremus.
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