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      Ma di tutte le altre esecuzioni era terribile il decimare gli eserciti, dove a sorte, di tutto uno esercito, era morto di ogni dieci uno. Né si poteva, a gastigare una moltitudine, trovare più spaventevole punizione di questa. Perché quando una moltitudine erra, dove non sia l'autore certo, tutti non si possono gastigare, per essere troppi; punirne parte, e parte lasciarne impuniti, si farebbe torto a quegli che si punissono, e gli impuniti arebbono animo di errare un'altra volta. Ma ammazzandone la decima parte a sorte, quando tutti lo meritano, chi è punito si duole della sorte, chi non è punito ha paura che un'altra volta non tocchi a lui, e guardasi da errare.
      Furono punite, adunque, le venefiche e le baccanali, secondo che meritavano i peccati loro. E benché questi morbi in una republica faccino cattivi effetti, non sono a morte, perché sempre quasi si ha tempo a correggergli: ma non si ha già tempo in quelli che riguardano lo stato, i quali, se non sono da uno prudente corretti, rovinano la città.
      Erano in Roma, per la liberalità che i Romani usavano di donare la civiltà a' forestieri, nate tante genti nuove, che le cominciavano avere tanta parte ne' suffragi, che il governo cominciava variare, e partivasi da quelle cose e da quelli uomini dove era consueto andare. Di che accorgendosi Quinto Fabio, che era Censore, messe tutte queste genti nuove, da chi dipendeva questo disordine, sotto quattro Tribù acciocché non potessono, ridutti in sì piccoli spazi, corrompere tutta Roma.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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