E così i vocaboli forestieri si convertono in fiorentini, non i fiorentini in forestieri; né però diventa altro la nostra lingua che fiorentina. E di qui dipende che le lingue da principio arricchiscono, e diventono più belle essendo più copiose; ma è ben vero che col tempo, per la moltitudine di questi nuovi vocaboli, imbastardiscono e diventano un'altra cosa; ma fanno questo in centinaia d'anni; di che altri non s'accorge se non poi che è rovinata in una estrema barbaria. Fa ben più presto questa mutazione, quando egli avviene che una nuova populazione venisse ad abitare in una provincia. In questo caso ella fa la sua mutazione in un corso d'un'età d'un uomo. Ma in qualunque di questi duoi modi che la lingua si muti, è necessario che quella lingua persa, volendola, sia riassunta per il mezzo di buoni scrittori che in quella hanno scritto, come si è fatto e fa della lingua latina e della greca.
Ma lasciando stare questa parte come non necessaria, per non essere la nostra lingua ancora nella sua declinazione, e tornando donde io mi partii, dico che quella lingua si può chiamare comune in una provincia, dove la maggior parte de' suoi vocaboli con le loro circustanze non si usino in alcuna lingua propria di quella provincia; e quella lingua si chiamerà propria, dove la maggior parte de' suoi vocaboli non s'usino in altra lingua di quella provincia.
Quando questo che io dico sia vero (che è verissimo) io vorrei chiamar Dante, che mi mostrasse il suo poema; e avendo appresso alcuno scritto in lingua fiorentina, lo domanderei qual cosa è quella che nel suo poema non fussi scritta in fiorentino.
| |
Dante
|