I Genovesi, sendo ora liberi ora servi o de' Reali di Francia o de' Visconti, inonorati vivevano, e intra gli minori potentati si connumeravono. Tutti questi principali potentati erano di proprie armi disarmati: il duca Filippo, stando rinchiuso per le camere e non si lasciando vedere, per i suoi commissari le sue guerre governava; i Viniziani, come ei si volsono alla terra, si trassono di dosso quelle armi che in mare gli avevano fatti gloriosi, e seguitando il costume degli altri Italiani, sotto l'altrui governo amministravano gli eserciti loro; il Papa per non gli stare bene le armi in dosso sendo religioso, e la reina Giovanna di Napoli per essere femina, facevono per necessità quello che gli altri per mala elezione fatto avevano; i Fiorentini ancora alle medesime necessità ubbidivano, perché, avendo per le spesse divisioni spenta la nobilità, e restando quella republica nelle mani d'uomini nutricati nella mercanzia, seguitavano gli ordini e la fortuna degli altri. Erano adunque le armi di Italia in mano o de' minori principi o di uomini senza stato; perché i minori principi, non mossi da alcuna gloria, ma per vivere o più ricchi o più sicuri, se le vestivano; quegli altri, per essere nutricati in quelle da piccoli, non sapendo fare altra arte, cercavono in esse, con avere o con potenza, onorarsi. Intra questi erano allora i più nominati: il Carmignuola, Francesco Sforza, Niccolò Piccino allievo di Braccio, Agnolo della Pergola, Lorenzo e Micheletto Attenduli, il Tartaglia, Iacopaccio, Ceccolino da Perugia, Niccolò da Tolentino, Guido Torello, Antonio dal Ponte ad Era e molti altri simili.
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