E non solo quella città da uno umore ma da molti era perturbata, sendo in essa le inimicizie del popolo e de' Grandi, de' Ghibellini e Guelfi, de' Bianchi e Neri. Era adunque tutta la città in arme e piena di zuffe; perché molti erano per la partita del Legato mal contenti, sendo desiderosi che i fuori usciti tornassero. E i primi di quelli che movieno lo scandolo erano i Medici e i Giugni, i quali in favore de' ribelli si erano con il Legato scoperti: combattevasi per tanto in più parti in Firenze. Ai quali mali si aggiunse un fuoco, il quale si appiccò prima da Orto San Michele, nelle case degli Abati; di quivi saltò in quelle de' Capo in sacchi, e arse quelle con le case de' Macci, degli Amieri, Toschi, Cipriani, Lamberti, Cavalcanti e tutto Mercato nuovo; passò di quivi in Porta Santa Maria, e quella arse tutta, e girando dal Ponte Vecchio, arse le case de' Gherardini, Pulci, Amidei e Lucardesi, e con queste tante altre che il numero di quelle a mille settecento o più aggiunse.Questo fuoco fu opinione di molti che a caso, nello ardore della zuffa, si appiccasse: alcuni altri affermano che da Neri Abati priore di San Piero Scheraggio, uomo dissoluto e vago di male, fusse acceso; il quale, veggendo il popolo occupato a combattere, pensò di poter fare una sceleratezza alla quale gli uomini, per essere occupati, non potessero rimediare; e perché gli riuscisse meglio, misse fuoco in casa i suoi consorti, dove aveva più commodità di farlo. Era lo anno 1304 e del mese di luglio, quando Firenze dal fuoco e da il ferro era perturbata.
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