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      Messer Corso Donati solo, intra tanti tumulti, non si armò; perché giudicava più facilmente diventare arbitro di ambedue le parti, quando, stracche nella zuffa, agli accordi si volgessero. Posoronsi non di meno le armi, più
      per sazietà del male che per unione che infra loro nascesse: solo ne seguì che i rebelli non tornorono, e la parte che gli favoriva rimase inferiore.
     
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      Il Legato, tornato a Roma e uditi i nuovi scandoli seguiti in Firenze, persuase al Papa che, se voleva unire Firenze, gli era necessario fare a sé venire dodici cittadini de' primi di quella città; donde poi, levato che fusse il nutrimento al male, si poteva facilmente pensare di spegnerlo. Questo consiglio fu da il Pontefice accettato; e i cittadini chiamati ubbidirono; intra i quali fu messer Corso Donati. Dopo la partita de' quali, fece il Legato a' fuori usciti intendere come allora era il tempo, che Firenze era privo de' suoi capi, di ritornarvi: in modo che gli usciti, fatto loro sforzo vennono a Firenze, e nella città per le mura ancora non fornite entrarono, e infino alla piazza di San Giovanni transcorsono. Fu cosa notabile che coloro i quali poco davanti avevano per il ritorno loro combattuto, quando disarmati pregavano di essere alla patria restituiti, poi che gli viddono armati, e volere per forza occupare la città, presono l'armi contro a di loro (tanto fu più da quelli cittadini stimata la comune utilità che la privata amicizia) e unitisi con tutto il popolo, a tornarsi donde erano venuti gli forzorono.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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