Castruccio, dopo la partita dello Imperadore, si insignorì di Pisa; e i Fiorentini per trattato gli tolsono Pistoia; alla quale Castruccio andò a campo; dove con tanta virtù e ostinazione stette, che, ancora che i Fiorentini facessero più volte prova di soccorrerla, e ora il suo esercito ora il suo paese assalissero, mai non posserono, né con forza né con industria, dalla impresa rimuoverlo: tanta sete aveva di gastigare i Pistolesi e i Fiorentini sgarare! di modo che i Pistolesi furono a riceverlo per signore constretti. La qual cosa, ancora che seguisse con tanta sua gloria, seguì anche con tanto suo disagio che, tornato in Lucca, si morì. E perché gli è rade volte che la fortuna un bene o un male con un altro bene o con un altro male non accompagni, morì ancora, a Napoli, Carlo duca di Calavria e signore di Firenze, acciò che i Fiorentini in poco di tempo, fuori d'ogni loro opinione, dalla signoria dell'uno e timore dell'altro si liberassino. I quali, rimasi liberi, riformorono la città, e annullorono tutto l'ordine de' Consigli vecchi, e ne creorono duoi, l'uno di trecento cittadini popolani, l'altro di ducento cinquanta grandi e popolani; il primo dei quali Consiglio di Popolo, l'altro di Comune chiamorono.
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Lo Imperadore, arrivato a Roma, creò uno antipapa, e ordinò molte cose contro alla Chiesa, molte altre senza effetto ne tentò; in modo che alla fine se ne partì con vergogna, e ne venne a Pisa; dove, o per sdegno, o per non essere pagati, circa ottocento cavagli tedeschi da lui si ribellorono, e a Montechiaro, sopra il Ceruglio, si afforzorono.
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