Mentre che la Piazza si combatteva, Corso e messer Amerigo Donati, con parte del popolo, ruppono le Stinche, le scritture del podestà e della publica camera arsono, saccheggiorono le case de' rettori, e tutti quelli ministri del Duca che poterono avere ammazzorono. Il Duca da l'altro canto, vedendosi avere perduta la Piazza, e tutta la città nimica, e sanza speranza di alcuno aiuto, tentò se poteva con qualche umano atto guadagnarsi il popolo; e fatto venire a sé i prigioni, con parole amorevoli e grate gli liberò; e Antonio Adimari, ancora che con suo dispiacere, fece cavaliere; fece levare le insegne sue sopra il Palagio e porvi quelle del popolo: le quali cose, fatte tardi e fuora di tempo, perché erano forzate e senza grado, gli giovorono poco. Stava per tanto mal contento, assediato in Palagio, e vedeva come, per avere voluto troppo, perdeva ogni cosa; e di avere a morire fra pochi giorni o di fame o di ferro temeva. I cittadini, per dare forma allo stato, in Santa Reparata si ridussono, e creorono quattordici cittadini, per metà grandi e popolani, i quali, con il Vescovo, avessero qualunque autorità di potere lo stato di Firenze riformare. Elessono ancora sei, i quali l'autorità dei podestà, tanto che quello che era eletto venisse, avessero. Erano in Firenze, al soccorso del popolo, molte genti venute, intra i quali erano Sanesi con sei ambasciadori, uomini assai nella loro patria onorati. Costoro intra il popolo e il Duca alcuna convenzione praticorono; ma il popolo recusò ogni ragionamento d'accordo, se prima non gli era nella sua potestà dato messer Guglielmo d'Ascesi, e il figliuolo insieme con messer Cerrettieri Bisdomini, consegnato.
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