Ma i Signori, con le minacce e con le armi, dalla Piazza gli discostorono; di poi talmente con i bandi gli sbigottirono, che a poco a poco ciascuno si tornò alle case sue, di modo che messer Andrea, ritrovandosi solo potette con fatica, fuggendo, dalle mani de' magistrati salvarsi. Questo accidente, ancora che fusse temerario e che gli avesse avuto quel fine che sogliono simili moti avere, dette speranza ai Grandi di potere sforzare il popolo, veggendo che la plebe minuta era in discordia con quello; e per non perdere questa occasione, armarsi di ogni sorte aiuti conclusono, per riavere per forza ragionevolmente quello che ingiustamente, per forza, era stato loro tolto. E crebbono in tanta confidenza del vincere, che palesemente si provedevono d'armi, affortificavano le loro case, mandavano ai loro amici, infino in Lombardia, per aiuti. Il popolo ancora, insieme con i Signori, faceva i suoi provedimenti, armandosi e a Perugini e a Sanesi chiedendo soccorso. Già erano degli aiuti e all'una e all'altra parte comparsi: la città tutta era in arme: avevano fatto i Grandi di qua d'Arno testa in tre parti: alle case de' Cavicciuli propinque a San Giovanni, alle case de' Pazzi e de' Donati a San Piero Maggiore, a quelle de' Cavalcanti in Mercato Nuovo; quegli di là d'Arno s'erano fatti forti ai ponti e nelle strade delle case loro: i Nerli il ponte alla Carraia, i Frescobaldi e Mannegli Santa Trinità, i Rossi e Bardi il Ponte Vecchio e Rubaconte difendevano. I popolani, da l'altra parte, sotto il gonfalone della giustizia e le insegne delle Compagnie del popolo si ragunorono.
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