Di qui nasce quella avarizia che si vede ne' cittadini, e quello appetito, non di vera gloria, ma di vituperosi onori, dal quale dependono gli odi, le nimicizie, i dispareri, le sette; dalle quali nasce morti, esili, afflizioni de' buoni, esaltazioni de' tristi. Perché i buoni, confidatisi nella innocenzia loro, non cercono, come i cattivi, di chi estraordinariamente gli difenda e onori, tanto che indefesi e inonorati rovinano. Da questo esemplo nasce lo amore delle parti e la potenza di quelle; perché i cattivi per avarizia e per ambizione, i buoni per necessità le seguano. E quello che è più pernizioso è vedere come i motori e principi di esse la intenzione e fine loro con un piatoso vocabolo adonestano, perché sempre, ancora che tutti sieno alla libertà nimici, quella, o sotto colore di stato di ottimati o di popolare defendendo, opprimano. Perché il premio il quale della vittoria desiderano è, non la gloria dello avere liberata la città, ma la sodisfazione di avere superati gli altri e il principato di quella usurpato; dove condotti, non è cosa sì ingiusta, sì crudele o avara, che fare non ardischino. Di qui gli ordini e le leggi, non per publica, ma per propria utilità si fanno; di qui le guerre, le paci, le amicizie, non per gloria comune, ma per sodisfazione di pochi si deliberano. E se le altre città sono di questi disordini ripiene, la nostra ne è più che alcuna altra macchiata; perché le leggi
, gli statuti, gli ordini civili, non secondo il vivere libero, ma secondo la ambizione di quella parte che è rimasa superiore, si sono in quella sempre ordinati e ordinano.
| |
|