Sendo adunque morto papa Gregorio, e rimasa la città sanza guerra di fuora, si viveva dentro in grande confusione; perché da l'un canto la audacia de' Guelfi era insopportabile, da l'altro non si vedeva modo a potergli battere: pure si giudicava che di necessità si avesse a venire alle armi, e vedere quale de' duoi seggi dovesse prevalere. Erano dalla parte de' Guelfi tutti gli antichi nobili, con la maggiore parte de' più potenti popolani; dove, come dicemmo, messer Lapo, Piero e Carlo erano principi: da l'altra erano tutti i popolani di minore sorte, de' quali erano capi gli Otto della guerra, messer Giorgio Scali, Tommaso Strozzi; con i quali Ricci, Alberti e Medici convenivano: il rimanente della moltitudine, come quasi sempre interviene, alla parte malcontenta si accostava. Parevano ai capi della setta guelfa le forze degli avversarii gagliarde, e il pericolo loro grande, qualunque volta una Signoria loro nimica volesse abbassargli; e pensando che fusse bene prevenire, si accozzorono insieme; dove le condizioni della città e dello stato loro esaminorono. E pareva loro che gli ammuniti, per essere cresciuti in tanto numero, avessero dato loro tanto carico che tutta la città fusse diventata loro nimica. A che non vedevano altro rimedio che, dove gli avieno tolto loro gli onori, torre loro ancora la città, occupando per forza il palagio de' Signori e reducendo tutto lo stato nella setta loro, ad imitazione degli antichi Guelfi, i quali non vissono per altro nella città sicuri che per averne cacciati gli avversarii loro.
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