Ma noi vediamo ora per esperienza che quanto più umilmente ci portiamo, quanto più vi concediamo, tanto più insuperbite, e più disoneste cose comandate. E se noi parliamo così, non facciamo per offendervi, ma per farvi ravvedere; perché noi vogliamo che uno altro vi dica quello che vi piace, noi vogliamo dirvi quello che vi sia utile. Diteci, per vostra fe', qual cosa è quella che voi possiate onestamente più desiderare da noi? Voi avete voluto torre l'autorità a' Capitani di parte: la si è tolta; voi avete voluto che si ardino le loro borse e faccinsi nuove riforme: noi l'abbiamo acconsentito; voi volesti che gli ammuniti ritornassero negli onori: e si è permesso; noi, per i prieghi vostri, a chi ha arse le case e spogliate le chiese abbiamo perdonato, e si sono mandati in esilio tanti onorati e potenti cittadini, per sodisfarvi; i Grandi, a contemplazione vostra, si sono con nuovi ordini raffrenati. Che fine aranno queste vostre domande, o quanto tempo userete voi male la liberalità nostra? Non vedete voi che noi sopportiamo con più pazienza lo esser vinti, che voi la vittoria? A che condurranno queste vostre disunioni questa vostra città? Nonvi ricordate voi, che quando l'è stata disunita, Castruccio, un vile cittadino lucchese, l'ha battuta? un Duca di Atene, privato condottiere vostro, l'ha subiugata? Ma quando la è stata unita, non l'ha potuta superare uno Arcivescovo di Milano e uno Papa; i quali, dopo tanti anni di guerra, sono rimasi con vergogna. Perché volete voi adunque che le vostre discordie quella città, nella pace, faccino serva, la quale tanti nimici potenti hanno, nella guerra, lasciata libera?
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