I Signori ancora erano confusi e della salute della patria dubi, vedendosi da uno di loro abbandonati e da niuno cittadino, non che di aiuto, ma di consiglio suvvenuti. Stando adunque di quello potessero o dovessero fare incerti, messer Tommaso Strozzi e messer Benedetto Alberti, mossi o da propria ambizione, desiderando rimanere signori del Palagio, o perché pure così credevono essere bene, gli persuasono a cedere a questo impeto popolare e, privati, alle loro case tornarsene. Questo consiglio, dato da coloro che erano stati capi del tumulto, fece, ancora che gli altri cedessero, Alamanno Acciaiuoli e Niccolò del Bene, duoi de' Signori, sdegnare; e tornato in loro un poco di vigore, dissono che se gli altri se ne volevono partire non possevono rimediarvi, ma non volevono già, prima che il tempo lo permettesse, lasciare la loro autorità, se la vita con quella non perdevano. Questi dispareri raddoppiorono a' Signori la paura e al popolo lo sdegno; tanto che il Gonfaloniere, volendo più tosto finire il suo magistrato con vergogna che con pericolo, a messer Tommaso Strozzi si raccomandò, il quale lo trasse di Palagio e alle sue case lo condusse
. Gli altri Signori in simile modo l'uno dopo l'altro si partirono; onde che Alamanno e Niccolò, per non essere tenuti più animosi che savi, vedendosi rimasi soli, ancora eglino se ne andorono; e il Palagio rimase nelle mani della plebe e degli Otto della guerra, i quali ancora non avevono il magistrato deposto.
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Aveva, quando la plebe entrò in Palagio, la insegna del gonfaloniere di giustizia in mano uno Michele di Lando pettinatore di lana.
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Tommaso Strozzi Benedetto Alberti Palagio Alamanno Acciaiuoli Niccolò Gonfaloniere Tommaso Strozzi Palagio Alamanno Niccolò Palagio Otto Palagio Michele Lando
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