Fu il Capitano confortato dai Signori, e messogli animo, promettendogli de' danni passati ristoro e per lo avvenire sicurtà; e ristrettisi parte di loro con alcuni cittadini, di quelli che giudicavano amatori del bene commune e meno sospetti allo stato, conclusono che fusse venuta grande occasione a trarre la città della potestà di messer Giorgio e della plebe, sendo lo universale per questa ultima insolenzia alienatosi da lui. Per ciò pareva loro da usarla prima che gli animi sdegnati si riconciliassero, perché sapevono che la grazia dello universale per ogni piccolo accidente si guadagna e perde; e giudicorono che, a volere condurre la cosa, fusse necessario tirare alle voglie loro messer Benedetto Alberti, sanza il consenso del quale la impresa pericolosa giudicavono. Era messer Benedetto uomo ricchissimo, umano, severo, amatore della libertà della patria sua, e a cui dispiacevono assai i modi tirannici: tale che fu facile il quietarlo e farlo alla rovina di messer Giorgio conscendere. Perché la cagione che a' popolani nobili e alla setta dei Guelfi lo avevano fatto nimico e amico alla plebe era stata la insolenza di quelli e i modi tirannici loro, donde, veduto poi che i capi della plebe erano diventati simili a quelli, più tempo innanzi s'era discostato da loro, e le ingiurie le quali a molti cittadini erano state fatte al tutto fuora del consenso suo erano seguite: tale che quelle cagioni che gli feciono pigliare le parti della plebe, quelle medesime gliene feciono lasciare.
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Capitano Giorgio Benedetto Alberti Benedetto Giorgio Guelfi
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