E ridusse modestamente loro a memoria i passati ricordi suoi; e come e' non avieno voluto rimediare a queste difficultà in quelli tempi che facilmente si poteva; ma che ora non si era più a tempo a farlo sanza temere di maggiore danno, e non ci restare altro rimedio che guadagnarselo. Fu data per tanto la commissione a messer Rinaldo che fusse con Giovanni, e vedesse di tirarlo nella sentenza loro.
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Esequì il Cavaliere la commissione, e con tutti quelli termini seppe migliori lo confortò a pigliare questa impresa con loro, e non volere, per favorire una moltitudine, farla audace con rovina dello stato e della città. Al quale Giovanni rispose che l'uffizio d'un savio e buono cittadino credeva essere non alterare gli ordini consueti della sua città, non sendo cosa che offenda tanto gli uomini, quanto il variare quelli; perché conviene offendere molti, e dove molti restono mal contenti si può ogni giorno temere di qualche cattivo accidente. E come gli pareva che questa loro deliberazione facesse due cose perniziosissime: l'una, di dare gli onori a quelli che, per non gli avere mai avuti, gli stimano meno e meno cagione hanno, non gli avendo, di dolersi; l'altra, di torgli a coloro che, sendo consueti avergli, mai quieterebbero se non gli fussero restituiti: e così verrebbe ad essere molto maggiore la ingiuria che si facesse ad una parte che il beneficio che si facesse a l'altra; tale che chi ne fusse autore si acquisterebbe pochi amici e moltissimi inimici; e questi sarebbero più feroci ad ingiuriarlo che quelli a difenderlo, sendo gli uomini naturalmente più pronti alla vendetta della ingiuria che alla gratitudine del benifizio, parendo che questa ci arrechi danno, quell'altra utile e piacere.
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Rinaldo Giovanni Cavaliere Giovanni
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