E il popolo di Firenze era ripieno di speranza dagli acquisti che aveva fatti e faceva Niccolò Fortebraccio, e dalle lettere de' rettori propinqui a Lucca; perché il vicario di Vico e di Pescia scrivevono che si dessi loro licenza di ricevere quelle castella che venivano a darsi loro, perché presto tutto il contado di Lucca si acquisterebbe. Aggiunsesi a questo lo ambasciadore mandato dal signore di Lucca a Firenze, a dolersi degli assalti fatti da Niccolò e a pregare la Signoria che non volesse muovere guerra a uno suo vicino e ad una città che sempre gli era stata amica. Chiamavasi lo ambasciadore messer Iacopo Viviani: costui, poco tempo innanzi, era stato tenuto prigione da Pagolo per avere congiuratogli contro; e benché lo avesse trovato in colpa, gli aveva perdonata la vita, e perché credeva che messer Iacopo gli avesse perdonata la ingiuria si fidava di lui. Ma ricordandosi più messer Iacopo del pericolo che del benifizio, venuto a Firenze, secretamente confortava i cittadini alla impresa. I quali conforti, aggiunti all'altre speranze, feciono che la Signoria ragunò il Consiglio, dove convennono quattrocentonovantotto cittadini, innanzi a' quali per i principali della città fu disputata la cosa.
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Intra i primi che volevono la impresa, come di sopra dicemmo, era messer Rinaldo. Mostrava costui l'utile che si traeva dello acquisto; mostrava la occasione della impresa, sendo loro lasciata in preda dai Viniziani e da il Duca, né possendo essere dal Papa, implicato nelle cose del Regno, impedita.
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