A questo aggiugneva la facilità dello espugnarla, sendo serva d'un suo cittadino e avendo perduto quel naturale vigore e quello antico studio di difendere la sua libertà; in modo che, o dal popolo per cacciarne il tiranno, o dal tiranno per paura del popolo, la sarà concessa. Narrava le ingiurie del signore, fatte alla republica nostra, e il malvagio animo suo verso di quella; e quanto era pericoloso, se di nuovo o il Papa o il Duca alla città movesse guerra; e concludeva che niuna impresa mai fu fatta da il popolo fiorentino né più facile, né più utile, né più giusta. Contro a questa opinione, Niccolò da Uzano disse che la città di Firenze non fece mai impresa più ingiusta, né più pericolosa, né che da quella dovessero nascere maggiori danni. E prima, che si andava a ferire una città guelfa, stata sempre amica al popolo fiorentino, e che nel suo grembo, con suo pericolo, aveva molte volte ricevuti i Guelfi che non potevono stare nella patria loro. E che nelle memorie delle cose nostre non si troverrà mai Lucca libera avere offeso Firenze ma se chi l'aveva fatta serva, come già Castruccio e ora costui, l'aveva offesa non si poteva imputare la colpa a lei, ma al tiranno. E se al tiranno si potesse fare guerra sanza farla a' cittadini, gli dispiacerebbe meno; ma perché questo non poteva essere, non poteva anche consentire che una cittadinanza amica fusse spogliata de' beni suoi. Ma poi che si viveva oggi in modo che del giusto e dello ingiusto non si aveva a tenere molto conto, voleva lasciare questa parte indietro, e pensare solo alla utilità della città. Credeva per tanto quelle cose potersi chiamare utili che non potevono arrecare facilmente danno: non sapeva adunque come alcuno poteva chiamare utile quella impresa dove i danni erano certi e gli utili dubbi.
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