Ma che vedeva gli umori mossi, e le parole sua non essere udite. Pure voleva pronosticare loro questo: che farebbono una guerra dove spenderebbono assai, correrebbonvi dentro assai pericoli, e in cambio di occupare Lucca, la libererebbono dal tiranno, e di una città amica, subiugata e debole farebbono una città libera, loro nimica, e, con il tempo, uno ostaculo alla grandezza della republica loro.
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Parlato per tanto che fu per la impresa e contro alla impresa, si venne, secondo il costume, secretamente a ricercare la volontà degli uomini; e di tutto il numero, solo novantotto la contradissero. Fatta per tanto la deliberazione, e creati i Dieci per trattare la guerra, soldorono gente a piè e a cavallo; deputorono commissari Astorre Gianni e messer Rinaldo degli Albizzi, e con Niccolò Fortebraccio di avere da lui le terre aveva prese, e che seguisse la impresa come soldato nostro, convennono. I commissari, arrivati con lo esercito nel paese di Lucca, divisono quello; e Astorre si distese per il piano, verso Camaiore e Pietrasanta, e messer Rinaldo se ne andò verso i monti, giudicando che, spogliata la città del suo contado, facil cosa fusse, di poi, lo espugnarla. Furono le imprese di costoro infelici, non perché non acquistassero assai terre, ma per i carichi che furno, nel maneggio della guerra, dati all'uno e all'altro di loro. Vero è che Astorre Gianni de' carichi suoi se ne dette evidente cagione. È una valle propinqua a Pietrasanta, chiamata Seravezza, ricca e piena di abitatori, i quali, sentendo la venuta del Commissario, se gli feciono incontro, e lo pregorono gli accettasse per fedeli servidori del popolo fiorentino.
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