Costui, il più presto che possé, si accampò alla terra; donde che il Signore, vedendosi strignere, per conforto d'uno messer Antonio del Rosso sanese, il quale in nome del comune di Siena era apresso di lui, mandò al duca di Milano Salvestro Trenta e Lionardo Buonvisi. Costoro per parte del Signore gli chiesono aiuto; e trovandolo freddo, lo pregorono secretamente che dovesse dare loro genti; perché gli promettevano per parte del popolo dargli preso il loro Signore, e apresso la possessione della terra, avvertendolo che, se non pigliava presto questo partito, il Signore darebbe la terra a' Fiorentini, i quali con molte promesse lo sollecitavano. La paura per tanto che il Duca ebbe di questo gli fece porre da parte i respetti, e ordinò che il conte Francesco Sforza, suo soldato, gli domandasse publicamente licenza per andare nel Regno. Il quale, ottenuta quella, se ne venne con la sua compagnia a Lucca, non ostante che i Fiorentini, sapendo questa pratica e dubitando di quello avvenne, mandassino al Conte Boccaccino Alamanni suo amico, per sturbarla. Venuto per tanto il Conte a Lucca, i Fiorentini si ritirarono con il campo a Librafatta; e il Conte subito andò a campo a Pescia dove era vicario Pagolo da Diacceto. Il quale, consigliato più dalla paura che da alcuno altro migliore rimedio, si fuggì a Pistoia; e se la terra non fusse stata difesa da Giovanni Malavolti, che vi era a guardia, si sarebbe perduta. Il Conte per tanto, non la avendo potuta nel primo assalto pigliare, ne andò al Borgo a Buggiano, e lo prese, e Stigliano, castello a quello propinquo, arse.
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