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      E per sbigottire quelli che erano male contenti dello esilio di Cosimo, dettono balia agli Otto di guardia e al Capitano del popolo. Dopo le quali deliberazioni, Cosimo, a' dì 3 di ottobre, nel 1433, venne davanti a' Signori, da' quali gli fu denunziato il confine, confortandolo allo ubbidire, quando e' non volesse che più aspramente contro a' suoi beni e contro a lui si procedesse. Accettò Cosimo con vista allegra il confine, affermando che dovunque quella Signoria lo mandasse era per stare volentieri. Pregava bene che, poi gli aveva conservata la vita, gliene difendesse; perché sentiva essere in Piazza molti che desideravano il sangue suo. Offerse di poi, in qualunque luogo dove fusse, alla città, al popolo e a Loro Signorie sé e le sustanze sue. Fu da il Gonfalonieri confortato, e tanto ritenuto in Palagio che venisse la notte. Di poi lo condusse in casa sua, e fattolo cenare seco, da molti armati lo fece accompagnare a' confini. Fu, dovunque passò, ricevuto Cosimo onorevolmente, e da' Viniziani publicamente vicitato, e non come sbandito, ma come posto in supremo grado, onorato.
     
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      Rimasa Firenze vedova d'uno tanto cittadino e tanto universalmente amato, era ciascuno sbigottito; e parimente quelli che avevano vinto e quelli che erano vinti temevano. Donde che messer Rinaldo, dubitando del suo futuro male, per non mancare a sé e alla Parte, ragunati molti cittadini amici, disse a quelli che vedeva apparecchiata la rovina loro, per essersi lasciati vincere da' prieghi, dalle lagrime e da' danari de' loro nimici.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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