E mentre che Piccinino cercava di passare, e il Conte di impedirlo, Niccolò Fortebraccio assaltò Lione, e con grande sua gloria prese quello, e le sue genti saccheggiò; e seguitando la vittoria, occupò, con il medesimo impeto, molte terre della Marca. Questo fatto contristò assai il Conte, pensando essere perduti tutti gli stati suoi, e lasciato parte dello esercito allo incontro di Piccinino, con il restante ne andò alla volta del Fortebraccio, e quello combatté e vinse; nella qual rotta Fortebraccio rimase prigione e ferito; della quale ferita morì. Questa vittoria restituì al Pontefice tutte le terre che da Niccolò Fortebraccio gli erano state tolte, e ridusse il duca di Milano a domandare pace, la quale per il mezzo di Niccolò da Esti marchese di Ferrara si concluse. Nella quale le terre occupate in Romagna dal Duca si restituirono alla Chiesa, e le genti del Duca si ritornorono in Lombardia, e Battista da Canneto, come interviene a tutti quelli che per forze e virtù d'altri si mantengono in uno stato, partite che furono le genti del Duca di Romagna, non potendo le forze e virtù sue tenerlo in Bologna, se ne fuggì; dove messer Antonio Bentivoglio, capo della parte avversa, ritornò.
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Tutte queste cose nel tempo dello esilio di Cosimo seguirono. Dopo la cui tornata quelli che lo avevono rimesso e tanti cittadini ingiuriati pensorono, senza alcuno rispetto, di assicurarsi dello stato loro. E la Signoria la quale nel magistrato il novembre e decembre succedette, non contenta a quello che da' suoi antecessori in favore della parte era stato fatto, prolungò e permutò i confini a molti, e di nuovo molti altri ne confinò; e ai cittadini non tanto l'umore delle parti noceva, ma le ricchezze, i parenti, le nimicizie private.
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