Aveva questo Duca, subito che gl'intese la ribellione di Genova, mandato Niccolò Piccino, con tutte le sue genti d'arme e quelli fanti che potette del paese ragunare, verso quella città, per fare forza di recuperarla prima che i cittadini avessino fermo lo animo e ordinato il nuovo governo, confidandosi assai nel castello, che dentro, in Genova, per lui si guardava. E benché Niccolò cacciassi i Genovesi d'in su e monti e togliessi loro la valle di Pozeveri, dove si erano fatti forti, e quegli avessi ripinti dentro alle mura della città, non di meno trovò tanta difficultà nel passare più avanti, per gli ostinati animi de' cittadini a difendersi, che fu constretto da quella discostarsi. Onde il Duca, alle persuasioni degli usciti fiorentini, gli comandò che assalisse la Riviera di levante, e facessi, propinquo a' confini di Pisa, quanta maggiore guerra nel paese genovese poteva, pensando che quella impresa gli avesse a mostrare di tempo in tempo i partiti che dovessi prendere. Assaltò adunque Niccolò Serezana, e quella prese. Di poi, fatti di molti danni, per fare più insospettire i Fiorentini, se ne venne a Lucca dando voce di volere passare, per ire nel Regno, agli aiuti del re di Raona. Papa Eugenio, in su questi nuovi accidenti, partì di Firenze, e ne andò a Bologna; dove trattava nuovi accordi infra il Duca e la lega, mostrando al Duca che, quando e' non consentisse allo accordo, sarebbe di concedere alla lega il conte Francesco necessitato, il quale allora suo confederato, sotto gli stipendi suoi militava.
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