Presonsi con la medesima reputazione Massa e Serezana. Le quali cose fatte, circa il fine di maggio, il campo tornò verso Lucca, e le biade tutte e i grani guastorono, arsono le ville, tagliorono le viti e gli arbori, predorono il bestiame, né a cosa alcuna che fare contro a nimici si suole o puote perdonorono. I Lucchesi dall'altra parte, veggendosi da il Duca abbandonati, disperati di potere difendere il paese, lo avieno abbandonato; e con ripari e ogni altro opportuno rimedio affortificorono la città, della quale non dubitavano per averla piena di defensori e poterla un tempo difendere, nel quale speravano, mossi dallo esemplo delle altre imprese che i Fiorentini avevano contro a di loro fatte. Solo temevono i mobili animi della plebe, la quale, infastidita dallo assedio, non stimassi più i pericoli propri che la libertà d'altri, e gli forzasse a qualche vituperoso e dannoso accordo. Onde che, per accenderla alla difesa, la ragunorono in piazza, e uno de' più antichi e de' più savi parlò in questa sentenza: - Voi dovete sempre avere inteso che delle cose fatte per necessità non se ne debbe né puote loda o biasimo meritare. Per tanto, se voi ci accusassi, credendo che questa guerra che ora vi fanno i Fiorentini noi ce la avessimo guadagnata avendo ricevute in casa le genti del Duca e permesso che le gli assalissero, voi di gran lunga vi inganneresti. E' vi è nota l'antica nimicizia del popolo fiorentino verso di voi, la quale, non le vostre ingiurie, non la paura loro ha causata, ma sì bene la debolezza vostra e la ambizione loro; perché l'una dà loro speranza di potervi opprimere, l'altra gli spigne a farlo.
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