Né crediate che alcuno merito vostro gli possa da tale desiderio rimuovere, né alcuna vostra offesa gli possa ad ingiuriarvi più accendere. Eglino per tanto hanno a pensare di torvi la libertà, voi di difenderla; e delle cose che quelli e noi a questo fine facciamo ciascuno se ne può dolere e non maravigliare. Doliamoci per tanto che ci assaltino che ci espugnino le terre, che ci ardino le case e guastino il paese; ma chi è di noi sì sciocco che se ne maravigli? perché, se noi potessimo, noi faremmo loro il simile o peggio. E s'eglino hanno mossa questa guerra per la venuta di Niccolò, quando bene e' non fusse venuto, l'arebbono mossa per un'altra cagione; e se questo male si fusse differito, e' sarebbe forse stato maggiore. Sì che questa venuta non si debba accusare, ma più tosto la cattiva sorte nostra e l'ambiziosa natura loro; ancora che noi non possavamo negare al Duca di non ricevere le sue genti e, venute che le erano, non possavamo tenerle che le non facessino la guerra. Voi sapete che sanza lo aiuto di uno potente noi non ci possiamo salvare, né ci è potenza che con più fede o con più forza ci possa difendere che il Duca: egli ci ha renduta la libertà, egli è ragionevole che ce la mantenga; egli a' perpetui nimici nostri è stato sempre nimicissimo. Se adunque, per non ingiuriare i Fiorentini, noi avessimo fatto sdegnare il Duca, aremmo perduto lo amico e fatto il nimico più potente e più pronto alla nostra offesa. Sì che gli è molto meglio avere questa guerra con lo amore del Duca, che, con l'odio, la pace; e dobbiamo sperare che ci abbi a trarre di quelli pericoli ne' quali ci ha messo, pure che noi non ci abbandoniamo.
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