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      Né fu la lega a queste forze contenta; perché a quelle il signore di Faenza, i figliuoli di messer Pandolfo Malatesti da Rimino e Pietrogiampaulo Orsino aggiunsono; e benché con promesse grandi il marchese di Mantova tentassero, non di meno dall'amicizia e stipendi del Duca rimuovere non lo posserono; e il signore di Faenza, poi che la lega ebbe ferma la sua condotta, trovando migliori patti, si rivolse al Duca; il che tolse la speranza alla lega di potere presto espedire le cose di Romagna.
     
     
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      Era in questi tempi la Lombardia in questi travagli, che Brescia dalle genti del Duca era assediata in modo che si dubitava che ciascun dì per la fame si arrendesse, e Verona ancora era in modo stretta che se ne temeva il medesimo fine, e quando una di queste due città si perdessero, si giudicavano vani tutti gli altri apparati alla guerra, e le spese infino allora fatte essere perdute. Né vi si vedeva altro più certo rimedio che fare passare il conte Francesco in Lombardia. A questo erano tre difficultà: l'una disporre il Conte a passare il Po e a fare guerra in ogni luogo; la seconda che a' Fiorentini pareva rimanere a discrezione del Duca, mancando del Conte (perché facilmente il Duca poteva ritirarsi ne' suoi luoghi forti e con parte delle genti tenere a bada il Conte e con l'altre venire in Toscana con li loro ribelli, de' quali lo stato che allora reggeva aveva uno terrore grandissimo); la terza era qual via dovesse con le sue genti tenere il Conte, che lo conducesse sicuro in Padovano, dove l'altre genti viniziane erano.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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