Lo amore che noi abbiamo portato a questa vostra Serenissima Signoria voi medesimi lo sapete, che più volte avete veduto, per soccorrervi, ripiena di nostri danari e di nostre genti la Lombardia; l'odio che noi portiamo a Filippo, e quello che sempre portammo alla casa sua, lo sa tutto il mondo; né è possibile che uno amore o uno odio antico per nuovi meriti o per nuove offese facilmente si cancelli. Noi savamo e siamo certi che in questa guerra ci potavamo stare di mezzo, con grado grande con il Duca e con non molto timore nostro; perché, se bene e' fusse con la rovina vostra diventato signore di Lombardia, ci restava in Italia tanto del vivo che noi non avavamo a disperarci della salute; perché, accrescendo potenza e stato, si accresce ancora nimicizie e invidia; dalle quali cose suole di poi nascere guerra e danno. Cognosciavamo ancora quanta spesa, fuggendo le presenti guerre, fuggiavamo; quanti imminenti pericoli si evitavano; e come questa guerra che ora è in Lombardia, movendoci noi, si potrebbe ridurre in Toscana. Non di meno tutti questi sospetti sono stati da una antica affezione verso di questo stato cancellati; e abbiamo deliberato con quella medesima prontezza soccorrere lo stato vostro, che noi soccorreremmo il nostro quando fusse assalito. Per ciò i miei Signori, giudicando che fusse necessario, prima che ogni altra cosa, soccorrere Verona e Brescia, e giudicando sanza il Conte non si potere fare questo, mi mandorono prima a persuadere quello al passare in Lombardia e a fare la guerra in ogni luogo (ché sapete che non è al passare del Po obligato): il quale io disposi, movendolo con quelle ragioni che noi medesimi ci moviamo.
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