A questo fu replicato da il Principe come gli era cosa manifesta che s'egli, non solamente partisse di Lombardia, ma con lo esercito ripassasse il Po, che tutto lo stato loro di terra si perderebbe; e loro non erano per spendere più alcuna cosa per difenderlo, perché non è savio colui che tenta di difendere una cosa che si abbia a perdere in ogni modo; ed è, con minore infamia, meno danno perdere gli stati solo, che li stati e i danari. E quando la perdita delle cose loro seguisse, si vedrebbe allora quanto importa la reputazione de' Viniziani a mantenere la Toscana e la Romagna. E però erano al tutto contrari alla sua opinione, perché credevono che chi vincesse in Lombardia vincerebbe in ogni altro luogo, e il vincere era facile, rimanendo lo stato del Duca, per la partita di Niccolò, debile in modo che prima si poteva fare rovinare che gli avesse o potuto rivocare Niccolò, o provedutosi di altri rimedi. E che chi esaminasse ogni cosa saviamente, vedrebbe il Duca non avere mandato Niccolò in Toscana per altro che per levare il Conte da queste imprese, e la guerra che gli ha in casa farla altrove; di modo che, andandogli dietro il Conte, se prima non si veggia una estrema necessità, si verrà ad adempiere i disegni suoi e farlo della sua intenzione godere, ma se si manterranno le genti in Lombardia e in Toscana si provvegga come e' si può, e' si avvedrà tardi del suo malvagio partito, e in tempo che gli arà sanza rimedio perduto in Lombardia e non vinto in Toscana. Detta adunque e replicata da ciascuno la sua opinione, si concluse che si stesse a vedere qualche giorno per vedere questo accordo de' Malatesti con Niccolò quello partorisse, e se di Pietrogiampaulo i Fiorentini si potevono valere, e se il Papa andava di buone gambe con la lega, come gli aveva promesso.
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