I Fiorentini, in questo mezzo, sotto i loro commissari avevono ragunate le loro genti con quelle del Papa, e avevano fatto alto ad Anghiari, castello posto nelle radice de' monti che dividono Val di Tevere da Val di Chiana, discosto al Borgo a San Sepolcro quattro miglia, via piana, e i campi atti a ricevere cavagli e maneggiarvisi guerra. E perché eglino avieno notizia delle vittorie del Conte e della revocazione di Niccolò, giudicorono con la spada dentro e sanza polvere avere vinta quella guerra; e per ciò a' commissari scrissono che si astenessero dalla giornata, perché Niccolò non poteva molti giorni stare in Toscana. Questa commissione venne a notizia a Niccolò, e veggendo la necessità del partirsi, per non lasciare cosa alcuna intentata, deliberò fare la giornata, pensando di trovare i nimici sproveduti e con il pensiero alieno dalla zuffa. A che era confortato da messer Rinaldo, da il conte di Poppi e dagli altri fuorusciti fiorentini, i quali la loro manifesta rovina cognoscevano se Niccolò si partiva, ma venendo a giornata, credevono o potere vincere la impresa, o perderla onorevolmente. Fatta adunque questa deliberazione, mosse lo esercito donde era, intra Città di Castello e il Borgo; e venuto al Borgo sanza che i nimici se ne accorgessero, trasse di quella terra dumila uomini, i quali confidando nella virtù del capitano e nelle promesse sue, desiderosi di predare, lo seguirono.
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Dirizzatosi dunque Niccolò, con le schiere in battaglia, verso Anghiari, era già loro propinquo a meno di dua miglia, quando da Micheletto Attendulo fu veduto un grande polverio; e accortosi come gli erano i nimici, gridò all'arme.
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