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      E quando e' capitulorono, discese sopra il ponte di Arno, che passa a piè della terra, e tutto doloroso e afflitto disse a Neri: - Se io avesse bene misurato la fortuna mia e la potenza vostra, io verrei ora amico a rallegrarmi con voi della vostra vittoria, non nimico a supplicarvi che fusse meno grave la mia rovina. La presente sorte, come la è a voi magnifica e lieta, così è a me dolente e misera. Io ebbi cavagli, arme, sudditi, stato e ricchezze: che maraviglia è se mal volentieri le lascio? Ma se voi volete e potete comandare a tutta la Toscana, di necessità conviene che noi altri vi ubbidiamo; e se io non avesse fatto questo errore, la mia fortuna non sarebbe stata cognosciuta, e la vostra liberalità non si potrebbe conoscere; perché, se voi mi conserverete, darete al mondo uno eterno esemplo della vostra clemenzia. Vinca per tanto la pietà vostra il fallo mio; lasciate almeno questa sola casa al disceso di coloro da' quali i padri vostri hanno innumerabili benifici ricevuti -. il quale Neri rispose come lo avere sperato troppo in quelli che potevono poco lo aveva fatto in modo contro alla republica di Firenze errare, che, aggiuntovi le condizioni de' presenti tempi, era necessario cedesse tutte le cose sue, e quelli luoghi nimico a' Fiorentini abbandonasse, che loro amico non aveva voluti tenere: perché gli aveva dato di sé tale esemplo che non poteva essere nutrito dove, in ogni variazione di fortuna, e' potesse a quella republica nuocere; perché non lui, ma gli stati suoi si temevano; ma che se nella Magna e' potessi essere principe, quella città lo desiderrebbe, e per amore di quelli suoi antichi che gli allegava, lo favorirebbe.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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