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      E in fede che il Duca desiderava la pace, gli offerse la conclusione del parentado: e manderebbe la figliuola a Ferrara; la quale gli prometteva, seguita la pace, dargli nelle mani. Il Conte rispose che se il Duca veramente cercassi la pace, facilmente la troverrebbe, come cosa dai Fiorentini e Viniziani desiderata: vero era che con difficultà se gli poteva credere conosciuto che non abbi mai fatto pace se non per necessità, la quale come manca, gli ritorna la voglia della guerra; ne anche al suo parentado si poteva prestare fede, sendone stato tante volte beffato non di meno, quando la pace si concludessi, farebbe poi del parentado quanto dagli amici fusse consigliato.
     
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      I Viniziani, i quali de' loro soldati nelle cose ancora non ragionevoli sospettono, presono ragionevolmente di queste pratiche sospetto grandissimo; il quale volendo il Conte cancellare, seguiva la guerra gagliardamente. Non di meno l'animo, a lui per ambizione e a' Viniziani per sospetto, era in modo intepidito, che quello restante della state si ferono poche imprese; in modo che, tornato Niccolò Piccino in Lombardia, e di già cominciato il verno, tutti gli eserciti ne andorono alle stanze: il Conte in Verona, in Cremona il Duca, le genti fiorentine in Toscana, e quelle del Papa in Romagna. Le quali, poi che ebbono vinto ad Anghiari, assaltorono Furlì e Bologna, per trarle di mano a Francesco Piccinino, che in nome del padre le governava; e non riuscì loro, perché furono da Francesco gagliardamente difese.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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