Non di meno questa loro venuta dette tanto spavento ai Ravennati di non tornare sotto lo imperio della Chiesa, che, d'accordo con Ostasio di Polenta loro signore, si missero nella potestà de' Viniziani; i quali, in guidardone della ricevuta terra, acciò che per alcun tempo Ostasio non potesse loro per forza torre quello che per poca prudenzia aveva loro dato, lo mandarono, insieme con un suo figliuolo, a morire in Candia. Nelle quali imprese, non ostante la vittoria di Anghiari, mancando al Papa danari vendé il castello del Borgo a Santo Sipolcro venticinquemila ducati, a' Fiorentini. Stando per tanto le cose in questi termini, e parendo a ciascuno, mediante la vernata, essere sicuro della guerra, non si pensava più alla pace; e massime il Duca, per essere da Niccolò Piccino e dalla stagione rassicurato. E per ciò aveva rotto con il Conte ogni ragionamento d'accordo, e con grande diligenzia rimisse Niccolò a cavallo; e faceva qualunque altro provedimento che per una futura guerra si richiedeva. Della qual cosa avendo notizia il Conte, ne andò a Vinegia, per consigliarsi con quel Senato come per lo anno futuro si avessero a governare. Niccolò dall'altra parte, trovandosi in ordine, e vedendo il nimico disordinato, non aspettò che venisse la primavera; e nel più freddo verno passò l'Adda, e entrò nel Bresciano, e tutto quel paese, fuora che Asola e Orci, occupò; dove più che dumila cavalli sforzeschi, i quali questo assalto non aspettavano, svaligiò e prese. Ma quello che più dispiacque al Conte e più sbigottì i Viniziani fu che Ciarpellone, uno de' primi capitani del Conte, si ribellò da lui.
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