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      E fermi i patti secretamente infra loro, mandò il Duca a comandare a Niccolò che facesse tregua per uno anno con il Conte, mostrando essere tanto con le spese affaticato che non poteva lasciare una certa pace per una dubia vittoria. Restò Niccolò ammirato di questo partito, come quello che non poteva cognoscere qual cagione lo movesse a fuggire sì gloriosa vittoria; e non poteva credere che, per non volere premiare gli amici, e' volesse e suoi nimici salvare. Per tanto, in quel modo che gli parve migliore, a questa deliberazione si opponeva; tanto che il Duca fu constretto, a volerlo quietare, di minacciarlo che lo darebbe, quando egli non vi acconsentisse, a' suoi soldati e a' suoi nimici in preda. Ubbidì adunque Niccolò, non con altro animo che si faccia colui che per forza abbandona gli amici e la patria, dolendosi della sua malvagia sorte; poi che ora la fortuna, ora il Duca, de' suoi nimici gli toglievono la vittoria. Fatta la triegua, le nozze di madonna Bianca e del Conte si celebrorono; e per dota di quella gli consegnò la città di Cremona. Fatto questo, si fermò la pace, di novembre, nel 1441; dove per i Viniziani Francesco Barbadico e Paulo Trono, e per i Fiorentini messer Agnolo Acciaiuoli convennono, nella quale i Viniziani Peschiera, Asola e Lonato, castella del marchese mantuano, guadagnorono.
     
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      Ferma la guerra in Lombardia, restavano le armi del Regno; le quali, non si potendo quietare, furono cagione che di nuovo in Lombardia si ripigliassero. Era il re Rinato da Alfonso di Ragona stato spogliato, mentre la guerra di Lombardia si travagliava di tutto il reame eccetto che di Napoli, tale che Alfonso parendogli avere la vittoria in mano, deliberò, mentre assediava Napoli, torre al Conte Benevento e gli altri suoi stati che in quelle circunstanze possedeva; perché giudicava questo fatto potergli sanza suo periculo riuscire, sendo il Conte nelle guerre di Lombardia occupato.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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