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      Successe ad Alfonso per tanto facilmente questa impresa; e con poca fatica tutte quelle terre occupò; ma venuta la nuova della pace di Lombardia, Alfonso temé che il Conte non venisse, per le sue terre, in favore di Rinato, e Rinato sperò per le medesime cagioni in quello. Mandò per tanto Rinato a sollecitare il Conte, pregandolo che venisse a soccorrere uno amico e d'uno nimico a vendicarsi. Dall'altra parte Alfonso pregava Filippo che dovesse, per la amicizia aveva seco fare dare al Conte tanti affanni che, occupato in maggiori imprese, fusse di lasciare quella necessitato. Accettò Filippo questo invito, sanza pensare che turbava quella pace la quale poco davanti aveva con tanto suo disavantaggio fatta. Fece per tanto intendere a papa Eugenio come allora era tempo di riavere quelle terre che il Conte, della Chiesa, ocupava; e a questo fare gli offerse Niccolò Piccino pagato mentre che la guerra durasse; il quale, fatta la pace, si stava con le sue genti in Romagna. Prese Eugenio cupidamente questo consiglio, per lo odio teneva con il Conte e per il desiderio aveva di riavere il suo; e se altra volta fu con questa medesima speranza da Niccolò ingannato, credeva ora, intervenendoci il Duca, non potere dubitare di inganno; e accozzate le genti con quelle di Niccolò, assalì la Marca. Il Conte, percosso da sì inopinato assalto, fatto testa delle sue genti, andò contro al nimico. In questo mezzo il re Alfonso occupò Napoli; donde che tutto quel regno, eccetto Castelnuovo, venne in sua potestà. Lasciato per tanto Rinato, in Castelnuovo, buona guardia, si partì; e venuto a Firenze, fu onoratissimamente ricevuto; dove stato pochi giorni, veduto non potere fare più guerra se ne andò a Marsilia.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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