A' quali fece intendere ne' pericoli s'incorreva quando non avessi accettata Pavia, perché quelli cittadini si sarebbono dati o a' Viniziani o al Duca, e nell'uno e nell'altro caso lo stato loro era perduto; e come ei dovevono più contentarsi di avere lui per vicino amico, che uno potente, quale era qualunque di quelli, e nimico. I Milanesi si turborono assai del caso, parendo loro avere scoperta l'ambizione del Conte e il fine a che egli andava; ma giudicorono non potere scoprirsi, perché non vedevono, partendosi dal Conte, dove si volgere altrove che a' Viniziani, de' quali la superbia e le gravi condizioni temevano; e per ciò deliberorono non si spiccare dal Conte, e per allora rimediare con quello ai mali che soprastavano loro, sperando che, liberati da quelli, si potrebbono ancora liberare da lui; perché, non solamente da' Viniziani, ma ancora dai Genovesi e duca di Savoia, in nome di Carlo d'Orliens, nato d'una sorella di Filippo, erano assaliti. Il quale assalto il Conte con poca fatica oppresse. Solo adunque gli restorono nimici i Viniziani, i quali con uno potente esercito volevono occupare quello stato, e tenevano Lodi e Piacenza, alla quale il Conte pose il campo, e quella, dopo una lunga fatica, prese e saccheggiò. Di poi, perché ne era venuto il verno, ridusse le sue genti nelli alloggiamenti, ed egli se ne andò a Cremona, dove tutta la vernata con la moglie si riposò.
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Ma venuta la primavera, uscirono gli eserciti viniziani e milanesi alla campagna. Desideravano i Milanesi acquistare Lodi, e di poi fare accordo con i Viniziani, perché le spese della guerra erano loro rincresciute e la fede del capitano era loro sospetta; tal che sommamente desideravano la pace, per riposarsi e per assicurarsi del Conte.
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