Preso questo consiglio, tentorono lo animo del Conte; e lo trovorono alla pace dispostissimo, come quello che desiderava che la vittoria avuta a Caravaggio fusse sua e non de' Milanesi. Fermorono per tanto uno accordo, nel quale i Viniziani si obligorono pagare al Conte, tanto che gli differisse ad acquistare Milano, tredici mila fiorini per ciascuno mese, e di più, durante quella guerra, di quattromila cavagli e dumila fanti suvvenirlo; e il Conte dall'altra parte si obligò restituire a' Viniziani terre, prigioni e qualunque altra cosa stata da lui in quella guerra occupata, ed essere solamente contento a quelle terre le quali il duca Filippo alla sua morte possedeva.
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Questo accordo, come fu saputo a Milano, contristò molto più quella città che non aveva la vittoria di Caravaggio rallegrata. Dolevonsi i principi, rammaricavansi i popolari, piangevano le donne e i fanciulli e tutti insieme il Conte traditore e disleale chiamavano; e benché quelli non credessino né con prieghi né con promesse dal suo ingrato proponimento rivocarlo, gli mandorono imbasciadori, per vedere con che viso e con quali parole questa sua sceleratezza accompagnasse. Venuti per tanto davanti al Conte, uno di quelli parlò in questa sentenza: - Sogliono coloro i quali alcuna cosa da alcuno impetrare desiderano, con i prieghi, premii o minacce assalirlo, acciò, mosso o dalla misericordia o dall'utile o dalla paura, a fare quanto da loro si desidera condescenda. Ma negli uomini crudeli e avarissimi, e secondo la opinione loro potenti, non vi avendo quelli tre modi luogo alcuno, indarno si affaticono coloro che credono o con i prieghi umiliarli o con i premii guadagnarli, o con le minacce sbigottirli.
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