Noi per tanto, conoscendo al presente, benché tardi, la crudeltà, l'ambizione e superbia tua, veniamo a te, non per volere impetrare alcuna cosa, né per credere di ottenerla quando bene noi la domandassimo, ma per ricordarti i benefizi che tu hai dal popolo milanese ricevuti, e dimostrarti con quanta ingratitudine tu li hai ricompensati, acciò che almeno, infra tanti mali che noi sentiamo, si gusti qualche piacere per rimproverarteli. E' ti debbe ricordare benissimo quali erano le condizioni tue dopo la morte del duca Filippo: tu eri del Papa e del Re inimico; tu avevi abbandonati i Fiorentini e Viniziani, de' quali, e per il giusto e fresco sdegno, e per non avere quelli più bisogno di te, eri quasi che nimico divenuto; trovaviti stracco della guerra avevi avuta con la Chiesa, con poca gente, sanza amici, sanza danari e privo d'ogni speranza di potere mantenere gli stati tuoi e l'antica tua riputazione. Dalle quali cose facilmente cadevi, se non fusse stata la nostra semplicità: perché noi soli ti ricevemmo in casa, mossi dalla reverenzia avavamo alla felice memoria del Duca nostro; con il quale avendo tu parentado e nuova amicizia, credavamo che ne' suoi eredi passasse lo amore tuo e che se a' benifici suoi si aggiugnessino i nostri, dovesse questa amicizia, non solamente essere ferma, ma inseparabile; e per ciò alle antiche convenzioni Verona o Brescia aggiugnemmo. Che più potavamo noi darti e prometterti? E tu che potevi, non dico da noi, ma in quelli tempi da ciascuno, non dico avere, ma desiderare?
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