Queste diversità di opinioni tennono assai sospesa la città, e alla fine deliberorono che si mandasse imbasciadori al Conte per trattare il modo dello accordo; e se trovassino il Conte gagliardo da potere sperare che e' vincesse, concluderlo, quanto che no, gavillarlo e differirlo.
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Erano questi ambasciadori a Reggio, quando eglino intesono il Conte essere diventato signore di Milano. Perché il Conte, passato il tempo della tregua, si ristrinse con le sue genti a quella città, sperando in brieve, a dispetto de' Viniziani, occuparla; perché quelli non la potevano soccorrere se non dalla parte dell'Adda, il quale passo facilmente poteva chiudere; e non temeva, per essere la vernata, che i Viniziani gli campeggiassino apresso; e sperava, prima che il verno passasse, avere la vittoria, massimamente sendo morto Francesco Piccinino, e restato solo Iacopo suo fratello capo de' Milanesi. Avevano i Viniziani mandato uno loro oratore a Milano, a confortare quelli cittadini, che fussino pronti a difendersi, promettendo loro grande e presto soccorso. Seguirono adunque, durante il verno, intra i Viniziani e il Conte, alcune leggieri zuffe; ma fattosi il tempo più benigno, i Viniziani, sotto Pandolfo Malatesti, si fermorono con il loro esercito sopra l'Adda. Dove, consigliatisi se dovevono, per soccorrere Milano, assalire il Conte e tentare la fortuna della zuffa, Pandolfo loro capitano giudicò che e' non fusse da farne questa esperienza, conoscendo la virtù del Conte e del suo esercito.
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