Nei quali feciono tale impeto che tutti quelli che non si poterono fuggire uccisono; intra' quali Lionardo Venero, ambasciadore viniziano, come cagione della loro fame, e della loro miseria allegro, ammazzorono. E così, quasi che principi della città diventati, infra loro preposono quello si avesse a fare, a volere uscire di tanti affanni e qualche volta riposarsi. E ciascuno giudicava che convenisse rifuggire, poi che la libertà non si poteva conservare, sotto uno principe che gli difendessi: e chi il re Alfonso, chi il duca di Savoia, chi il re di Francia voleva per suo signore chiamare. Del Conte non era alcuno che ragionasse: tanto erano ancora potenti gli sdegni avevano seco. Non di meno, non si accordando degli altri, Gasparre da Vicomercato fu il primo che nominò il Conte; e largamente mostrò come, volendosi levare la guerra da dosso, non ci era altro modo che chiamare quello; perché il popolo di Milano aveva bisogno di una certa e presente pace, non d'una speranza lunga d'uno futuro soccorso. Scusò con le parole le imprese del Conte; accusò i Viniziani; accusò tutti gli altri principi di Italia, che non aveno voluto, chi per ambizione, chi per avarizia, che vivessino liberi. E da poi che la loro libertà si aveva a dare, si desse ad uno che li sapesse e potesse difendere; acciò che almeno dalla servit
ù nascesse la pace, e non maggiori danni e più pericolosa guerra. Fu costui con maravigliosa attenzione ascoltato; e tutti, finito il suo parlare, gridorono che il Conte si chiamasse, e Gasparre feciono ambasciadore a chiamarlo.
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