Il quale, per comandamento del popolo, andò a trovare il Conte, e gli portò sì lieta e felice novella. La quale il Conte accettò lietamente, ed entrato in Milano come principe, a' 26 di febbraio, nel 1450, fu con somma e maravigliosa letizia ricevuto da coloro che non molto tempo innanzi lo avieno con tanto odio infamato.
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Venuta la nuova di questo acquisto a Firenze, si ordinò agli oratori fiorentini che erano in cammino che, in cambio di andare a trattare accordo con il Conte, si rallegrassino con il Duca della vittoria. Furono questi oratori da il Duca ricevuti onorevolmente e copiosamente onorati, perché sapeva bene che contro alla potenza de' Viniziani non poteva avere in Italia più fedeli né più gagliardi amici de' Fiorentini; i quali, avendo deposto il timore della casa de' Visconti, si vedeva che avevono a combattere con le forze de' Ragonesi e Viniziani; perché i Ragonesi re di Napoli erano loro nimici per la amicizia che sapevano che il popolo fiorentino aveva sempre con la casa di Francia tenuta e i Viniziani cognoscevano che l'antica paura de' Visconti era nuova di loro, e perché sapevono con quanto studio eglino avevono i Visconti perseguitati, temendo le medesime persecuzioni, cercavano la rovina di quelli. Queste cose furono cagione che il nuovo Duca facilmente si ristrignesse con i Fiorentini, e che i Viniziani e re Alfonso si accordassero contro a' comuni nimici: e si obligorono in uno medesimo tempo a muovere le armi; e che il Re assalisse i Fiorentini e i Viniziani il Duca, il quale, per essere nuovo nello stato, credevono né con le forze proprie né con gli aiuti d'altri potesse sostenerli.
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