Ma perché la lega tra i Fiorentini e Viniziani durava, e il Re, dopo la guerra di Piombino, aveva fatto pace con quelli, non parve loro da rompere la pace, se prima con qualche colore non si giustificasse la guerra. E per ciò l'uno e l'altro mandò ambasciadore a Firenze; i quali per parte de' loro signori feciono intendere la lega fatta essere, non per offendere alcuno, ma per difendere gli stati loro. Dolfesi di poi il Viniziano che i Fiorentini avevono dato passo per Lunigiana ad Alessandro fratello del Duca che con genti passasse in Lombardia e di più erano stati aiutatori e consigliatori dello accordo fatto intra il Duca e il marchese di Mantova. Le quali cose tutte affermavano essere contrarie allo stato loro e alla amicizia avieno insieme e per ciò ricordavano loro amorevolmente che chi offende a torto dà cagione ad altri di essere offeso a ragione, e che chi rompe la pace aspetti la guerra. Fu commessa dalla Signoria la risposta a Cosimo; il quale, con lunga e savia orazione, riandò tutti i beneficii fatti dalla città sua alla republica viniziana; mostrò quanto imperio quella aveva, con i danari, con le genti e con il consiglio de' Fiorentini, acquistato; e ricordò loro che, poi che da i Fiorentini era venuta la cagione della amicizia, non mai verrebbe la cagione della nimicizia; ed essendo stati sempre amatori della pace, lodavano assai lo accordo fatto infra loro, quando per pace, e non per guerra, fusse fatto. Vero era che delle querele fatte assai si maravigliava, veggendo che di sì leggieri cosa e vana da una tanta republica si teneva tanto conto; ma quando pure fussero degne di essere considerate, facevono a ciascuno intendere come e' volevono che il paese loro fusse libero e aperto a qualunque, e che il Duca era di qualità che per fare amicizia con Mantova non aveva né de' favori né de' consigli loro bisogno.
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