Erano in quello dugento soldati mandati dalla Signoria per guardia di esso. A questo così munito castello Ferrando si accampò; e fu tanta, o la gran virtù di quelli di dentro o la poca sua, che non prima che dopo trentasei giorni se ne insignorì. Il quale tempo dette commodità alla città di provedere gli altri luoghi di maggiore momento, e di ragunare le loro genti, e meglio che non erano, alle difese loro ordinarsi. Preso i nimici questo castello, passorono nel Chianti, dove due piccole ville possedute da privati cittadini non poterono espugnare. Donde che, lasciate quelle, se n'andorono a campo alla Castellina, castello posto a' confini del Chianti, propinquo a dieci miglia a Siena, debile per arte, e per sito debilissimo; ma non poterono per ciò queste due debolezze superare la debolezza dello esercito che lo assalì, perché, dopo quarantaquattro giorni che gli stette a combatterlo, se ne partì con vergogna. Tanto erano quelli eserciti formidabili e quelle guerre pericolose, che quelle terre le quali oggi come luoghi impossibili a defenderli si abbandonano, allora come cose impossibili a pigliarsi si defendevono. E mentre che Ferrando stette con il campo in Chianti, fece assai correrie e prede nel Fiorentino, e corse infino propinquo a sei miglia alla città, con paura e danno assai de' sudditi de' Fiorentini. I quali in questi tempi, avendo condotte le loro genti, in numero di ottomila soldati, sotto Astor da Faenza e Gismondo Malatesti, verso il castello di Colle, le tenevano discosto al nimico, temendo che le non fussino necessitate di venire a giornata; perché giudicavano, non perdendo quella, non potere perdere la guerra; perché le piccole castella, perdendole, con la pace si recuperano, e delle terre grosse erano securi, sapiendo che il nimico non era per assalirle.
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