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      Non mossono queste parole messer Luca, come quello che aveva già posato lo animo, ed era stato da Piero, con promesse di nuovi parentadi e nuove condizioni, svolto; perché avevano con Giovanni Tornabuoni una sua nipote in matrimonio congiunta. In modo che confortò Niccolò a posare l'armi e tornarsene a casa; perché e' doveva bastargli che la città si governasse con i magistrati; e così seguirebbe, e che le arme ogni uomo le poserebbe, e i Signori, dove loro avevono più parte, sarebbono giudici delle differenze loro. Non potendo adunque Niccolò altrimenti disporlo, se ne tornò a casa; ma prima gli disse: - Io non posso, solo, fare bene alla mia città; ma io posso bene pronosticarle il male: questo partito che voi pigliate farà alla patria nostra perdere la sua libertà, a voi lo stato e le sustanze, a me e agli altri la patria.
     
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      La Signoria, in questo tumulto, aveva chiuso il Palazzo, e con i suoi magistrati si era ristretta, non mostrando favore ad alcuna delle parti. I cittadini, e massimamente quegli che avevano seguite le parti di messer Luca, veggendo Piero armato e gli avversarii disarmati, cominciorono a pensare, non come avessino a offendere Piero, ma come avessino a diventare suoi amici. Donde che i primi cittadini, capi delle fazioni, convennono in Palazzo, alla presenza della Signoria, dove molte cose dello stato della città, molte della reconciliazione di quella ragionorono. E perché Piero, per la debilità del corpo, non vi poteva intervenire, tutti d'accordo deliberorono andare alle sue case a trovarlo, eccetto che Niccolò Soderini, il quale, avendo prima raccomandato i suoi figliuoli e le sue cose a messer Tommaso, se ne andò nella sua villa, per aspettare quivi il fine della cosa, il quale reputava a sé infelice e alla patria sua dannoso.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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