Concitavano adunque contro a' tiranni gli uomini liberi, contro agli impii i pietosi; e che si ricordassero come la famiglia de' Medici aveva tolto loro lo imperio di Lombardia, quando Cosimo, fuora della volontà degli altri cittadini, contro a quel Senato favorì e suvvenne Francesco; tanto che, se la giusta causa loro non li moveva, il giusto odio e giusto desiderio di vendicarsi muovere gli doverrebbe.
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Queste ultime parole tutto quel Senato commossono; e deliberorono che Bartolomeo Colione, loro capitano, assalisse il dominio fiorentino. E quanto si potette prima fu insieme lo esercito; con il quale si accostò Ercule da Esti, mandato da Borso marchese di Ferrara. Costoro, nel primo assalto, non sendo ancora i Fiorentini ad ordine, arsono il borgo di Dovadola e feciono alcuni danni nel paese allo intorno. Ma i Fiorentini, cacciata che fu la parte nimica a Piero, avieno con Galeazzo duca di Milano e con il re Ferrando fatta nuova lega, e per loro capitano condotto Federigo conte di Urbino, in modo che trovandosi ad ordine con gli amici, stimorono meno i nimici; perché Ferrando mandò Alfonso suo primogenito, e Galeazzo venne in persona, e ciascheduno con conveniente forze; e feciono tutti testa a Castracaro, castello de' Fiorentini posto nelle radici delle alpi che scendono dalla Toscana in Romagna. I nimici, in quel mezzo, si erano ritirati verso Imola; e così fra l'uno e l'altro esercito seguivano, secondo i costumi di que' tempi, alcune leggieri zuffe; né per l'uno né per l'altro si assalì o campeggiò terre, né si dette copia al nimico di venire a giornata; ma standosi ciascuno nelle sue tende, ciascuno con maravigliosa viltà si governava.
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