Questa cosa dispiaceva a Firenze; perché si vedeva essere oppressa da una guerra nella quale si spendeva assai e si poteva sperare poco; e i magistrati se ne dolfono con quelli cittadini ch'eglino avieno a quella impresa deputati commissari. I quali risposono essere di tutto il duca Galeazzo cagione, il quale, per avere assai autorità e poca esperienza, non sapeva prendere partiti utili, né prestava fede a quelli che sapevono; e come gli era impossibile, mentre quello nello esercito dimorava, che si potesse alcuna cosa virtuosa o utile operare. Feciono i Fiorentini per tanto intendere a quel Duca come gli era loro commodo e utile assai che personalmente e' fussi venuto agli aiuti loro, perché sola tale reputazione era atta a potere sbigottire i nimici, non di meno stimavano molto più la salute sua e del suo stato che i commodi propri, perché, salvo quello, ogni altra cosa speravano prospera, ma patendo quello, temevono ogni avversità. Non giudicavano per tanto cosa molto secura che egli molto tempo dimorasse assente da Milano, sendo nuovo nello stato, e avendo i vicini potenti e sospetti, talmente che chi volesse macchinare cosa alcuna controgli, potrebbe facilmente. Donde che lo confortavano a tornarsene nel suo stato e lasciare parte delle genti per la difesa loro. Piacque a Galeazzo questo consiglio e sanza altro pensare se ne tornò a Milano. Rimasi adunque i capitani de' Fiorentini sanza questo impedimento, per dimostrare che fusse vera la cagione che del lento loro procedere avevano accusata, si strinsono più al nimico, in modo che vennono ad una ordinata zuffa, la quale durò mezzo un giorno, sanza che niuna delle parti inclinasse.
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