I congiurati, in quel tanto, per dare di loro minore suspizione, e fuggire il freddo che era grandissimo, si erano in una camera dello arciprete della chiesa, loro amico, ritirati; e intendendo come il Duca veniva, se ne vennono in chiesa: e Giovanni Andrea e Girolamo si posono dalla destra parte allo entrare del tempio, e Carlo dalla sinistra. Entravano già nel tempio quelli che precedono al Duca; di poi entrò egli, circundato da una moltitudine grande, come era conveniente, in quella solennità, ad una ducale pompa. I primi che mossano fu il Lampognano e Girolamo. Costoro, simulando di far fare largo al Principe, se gli accostorono, e strette le armi, che corte e acute avevono nelle maniche nascose, lo assalirono. Il Lampognano gli dette due ferite, l'una nel ventre, l'altra nella gola; Girolamo ancora nella gola e nel petto lo percosse. Carlo Visconte, perché si era posto più propinquo alla porta, ed essendogli il Duca passato avanti, quando dai compagni fu assalito, nol potette ferire davanti, ma con duoi colpi la schiena e la spalla gli trafisse. E furono queste sei ferite sì preste e sì subite, che il Duca fu prima in terra che quasi niuno del fatto si accorgesse; né quello potette altro fare o dire, salvo che, cadendo, una volta sola il nome della Nostra Donna in suo aiuto chiamare. Caduto il Duca in terra, il romore si levò grande; assai spade si sfoderorono e, come avviene nelli casi non preveduti, chi fuggiva del tempio e chi correva verso il tumulto sanza avere alcuna certezza o cagione della cosa.
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