In prima morì il conte Carlo, nel mezzo della speranza delle sue vittorie. La cui morte ancora migliorò le condizioni de' Fiorentini, se la vittoria che da quella nacque si fusse saputa usare, perché, intesasi la morte del Conte, subito le genti della Chiesa, che erano di già tutte insieme a Perugia, presono speranza di potere opprimere le genti fiorentine; e uscite in campagna, posono il loro alloggiamento sopra il Lago propinquo a' nimici a tre miglia. Dall'altra parte Iacopo Guicciardini, il quale si trovava di quello esercito commissario, con il consiglio del magnifico Ruberto da Rimine, il quale, morto il conte Carlo, era rimaso il primo e più reputato di quello esercito, cognosciuta la cagione dell'orgoglio de' nimici, deliberorono aspettargli, tal che, venuti alle mani accanto al Lago, dove già Annibale cartaginese dette quella memorabile rotta a' Romani, furono le genti della Chiesa rotte. La quale vittoria fu ricevuta in Firenze con laude de' capi e piacere di ciascuno, e sarebbe stata con onore e utile di quella impresa, se i disordini che nacquono nello esercito che si trovava a Poggibonzi non avessero ogni cosa perturbato. E così il bene che fece l'uno esercito fu dall'altro interamente destrutto: perché, avendo quelle genti fatto preda sopra il Sanese, venne, nella divisione di essa, differenza intra il marchese di Ferrara e quello di Mantova; tal che, venuti alle armi, con ogni qualità di offesa si assalirono; e fu tale che, giudicando i Fiorentini non si potere più d'ambeduoi valere, si consentì che il marchese di Ferrara con le sue genti se ne tornasse a casa.
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